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Seminario "Valli del Mincio: risorse, tutela, conservazione"


Dal seminario "VALLI DEL MINCIO: RISORSE, TUTELA, CONSERVAZIONE" tenutosi al Centro Parco Rivalta il 27 marzo 1999 nell'ambito della Settimana Mondiale delle Zone Umide, riportiamo l'intervento della dott.ssa Susanna Perlini.

Il Consorzio Parco del Mincio è Ente gestore della Riserva naturale Valli del Mincio, nei Comuni di Curtatone, Mantova, Porto Mantovano, Rodigo; la riserva, istituita nel 1983 dalla Regione Lombardia è classificata come Zona Umida di importanza Internazionale secondo la Convenzione di Ramsar, ed è inoltre in corso la designazione di Sito di Importanza comunitaria (SIC) secondo la Direttiva CEE 92/43 "Habitat".
I riconoscimenti dell'importanza naturalistica della riserva sono stati i presupposti fondamentali per il finanziamento da parte della Comunità europea e della Regione di un progetto LIFE-NATURA.
"LIFE-NATURA" è il regolamento finanziario, istituito nel 1992 dall'Unione Europea, attraverso il quale vengono attuate le più importanti e significative azioni per la conservazione della natura nella rete di aree europee riconosciute come Siti di Importanza comunitaria, che vanno a costituire la rete NATURA 2000.
Il progetto di conservazione denominato "Conservazione attiva della riserva naturale Valli del Mincio", presentato dal Parco del Mincio nel 1996, ha un importo complessivo di L. 512.000.000 e si attua nel triennio 1997-99.
Gli interventi previsti nel progetto, ormai in corso di ultimazione, hanno portato significativi benefici alla riserva ed hanno contribuito alla soluzione di alcuni dei più gravi problemi ambientali.

 

I PROBLEMI

L'elevata biodiversità della riserva è legata alla presenza di ambienti umidi diversi che per cause naturali ed artificiali tendono a trasformarsi: prati umidi, praterie a carice, canneti, chiari ("ex-giochi"), canali di varia larghezza, boscaglie umide dominate da salici, boschi di ontano nero.
Compito del Parco è operare una gestione attiva per conservare e migliorare, se necessario, le condizioni dei diversi ambienti.
Gli ambienti a maggior rischio di trasformazione sono i canneti, i cariceti ed i chiari.

1. I chiari

I chiari, cosiddetti "ex-giochi" sono o per meglio dire "erano" specchi d'acqua libera, privi di vegetazione emergente, completamente circondati dal canneto. Sebbene la loro origine sia artificiale (sono stati aperti e così mantenuti dai cacciatori come appostamenti di caccia) essi hanno una rilevante importanza per gli aspetti ecologici e paesaggistici.
In particolare queste superfici aperte rivestono importanza per la sosta migratoria od invernale di molte specie ornitiche, in particolare anatidi; la presenza di questi spazi aperti aumenta notevolmente la diversità ambientale all'interno del canneto e crea l'habitat adatto per la nodificazione di molte specie ornitiche che vivono ai suoi margini o fra la vegetazione natante e galleggiante o che frequentemente utilizzano tali ambienti per alimentarsi.
I "giochi" sono in preoccupante fase di interramento per le seguenti ragioni:
- avanzamento del canneto circostante;
- presenza del fior di loto in alcuni casi;
- riduzione dell'afflusso dell'acqua per interrimento dei canali di entrata o di uscita;
- accumulo di sedimenti veicolati dall'acqua o originati dall'accumulo e decomposizione della vegetazione acquatica.
Sulla base della "carta del pregio floristico e dello stato di naturalità della Riserva naturale Valli del Mincio", redatta nel 1990 dal prof. Giorgio Persico su incarico del Parco, i "giochi", insieme alle tipologie "canneto rado con chiari" e "cariceto", sono le formazioni di maggior valore.
L'avanzamento dei canneti e l'accumulo di sedimenti sui fondali causano la chiusura per interrimento degli specchi d'acqua e dei canali con la conseguenza che gli ambienti naturali rari ed importanti per la sosta, alimentazione e nidificazione degli uccelli e per la presenza di una ricchissima flora acquatica, inevitabilmente si trasformano: la riduzione dell'ampiezza dei canali e specchi d'acqua, operate dalla vegetazione, causano la chiusura delle vie di deflusso ed in tal modo si può ridurre la capacità di portata del fiume.
Da questi motivi deriva la necessità di asportare la vegetazione spontanea annualmente prodotta, di operare con scavi per riaprire i canali ed i chiari che attraversano la zona umida e di contenere lo sviluppo del fior di loto con sfalci ripetuti nella stagione primaverile-estiva.

2. La presenza del fior di loto

Il fior di loto (Nelumbo nucifera) costituisce un classico caso di inquinamentp verde. Introdotto nel Lago Superiore nel 1921, si è diffuso senza controllo in tutto il biotopo delle Valli, sostituendosi alla vegetazione natante e galleggiante, di elevato valore naturalistico e impedendo, per mancanza di luce, lo sviluppo di quella sommersa, inibita nella fotosintesi. In tal modo viene a mancare nelle acque l'ossigeno necessario per la demolizione delle sostanze organiche proprio dove la biomassa vegetale, conseguente allo sviluppo particolarmente intenso del fior di Loto e alla sua "morte" stagionale, si accumula in quantità rilevante; il processo d'interramento ne viene notevolmente accelerato.
L'eliminazione della vegetazione sommersa e di quella natante privano l'ambiente di una rilevante riserva trofica per le specie di uccelli che su di essa basano la loro alimentazione, come ad esempio vari anatidi.
Le parti aeree del fior di loto si innalzano sul pelo dell'acqua più di un metro, formando un tappeto monospecifico impenetrabile, faunisticamente assai povero, inadeguato a far da sostegno per i nidi galleggianti in sostituzione della vegetazione autoctona (Nymphaea alba, Trapa natans, ecc.).
Là dove la pianta espandendosi viene in contatto con il canneto, invadendone completamente il bordo ed ogni ansa, viene a scomparire l'ecotono canneto-acqua libera, uno dei più importanti ambienti della palude sia per gli aspetti botanici che faunistici.
Il loto occupava nella Riserva, prima dell'inizio dei lavori, una superficie di 450.000 mq ed era in continua espansione.

3. I canneti

L'abbandono della gestione dei canneti determina un ammasso di canne secche che annualmente copre la valle. L'accumulo del materiale causa una stabilizzazione ed evoluzione dei suoli, la successiva espansione dei canneti verso gli specchi d'acqua, la crescita dei salici e la trasformazione dei canneti stessi in boscaglie umide. Il fenomeno di interrimento e colmata, comune a qualsiasi bacino lacustre non soggetto a controllo da parte dell'uomo, è qui accentuato dallo scarso deflusso, dalla mancanza di periodiche sommersioni e dall'elevata eutrofia del bacino.
L'assenza di gestione determina la trasformazione delle aree in aree emerse e la perdita delle caratteristiche della zona umida.
Quasi tutti i canneti sono in stato di abbandono perché non vengono più praticati tagli regolari, per motivi essenzialmente legati alla non remuneratività di tale antica pratica colturale.

 

GLI INTERVENTI DI GESTIONE ATTIVA

Per risolvere i problemi descritti il Parco del Mincio sta attuando gli interventi del progetto LIFE-Natura "Conservazione attiva della Riserva naturale Valli del Mincio".
Il progetto ha lo scopo di impedire o quantomeno rallentare il naturale processo di interrimento della zona umida con interventi di asportazione di biomasse vegetali, scavi per la riapertura di canali e chiari, controllo della diffusione del fior di loto.

DESCRIZIONE DEI LAVORI

1. Riapertura e pulizia di ex-giochi di caccia, chiari e specchi d'acqua e canali adduttori, interrati naturalmente per il deposito di materiale vegetale e sedimenti sul fondo e per l'avanzamento della vegetazione riparia cosituita da cannuccia di palude (Phragmithes communis) e mezzasorda (Tipha latifolia), a messo di scavi effettuati con natanti attrezzati con paker.
I lavori eseguiti hanno interessato complessivamente nel biennio 1997-98 una superficie di 34.500 mq e sono stati eseguiti nelle seguenti aree:
- il gioco denominato "Puntassa";
- il gioco denominato "Lusièn";
- i canali adduttori del gioco denominato "Mulinello";
- il gioco denominato "Vignale";
- alcuni canali interrati, per consentire l'accesso alle aree emerse ove viene praticata dai proprietari la raccolta della canna di palude.
I natanti impiegati per la riapertura dei giochi sono i seguenti:
- un pontone attrezzato con paker, per effettuare lo scavo;
- una motobarca con cassone, utilizzata per il trasporto dei limi ai luoghi di scarico;
- una motobarca con paker, utilizzata per lo svuotamento del cassone e ancorata nel luogo di deposito
- natante dotato di cassone "autosvuotante" per il trasporto e lo scarico dei sedimenti.
I lavori eseguiti consistono nell'approfondimento degli specchi d'acqua e dei canali d'accesso con natanti muniti di pala escavatrice montata su chiatta. I natanti sono di proprietà della Provincia di Mantova che li affida in uso al Consorzio per la realizzazione del progetto.

2. Controllo del fior di Loto (Nelumbo nucifera) nella riserva
OBIETTIVI: riduzione drastica di una specie esotica infestante che invade gli specchi d'acqua e priva di spazio le specie indigene (Nymphaea alba, Trapa natans, etc.) e favorisce l'interrimento della palude.
AZIONI E MEZZI: ripetuti sfalci annuali durante il periodo vegetativo, a mezzo di un'imbarcazione dotata di barra falciante, ripetuti per tre anni consecutivi; estrazione dei rizomi mediante scavo effettuato con natanti attrezzati; asportazione parziale del materiale.
Il metodo impiegato per l'eliminazione dell'infestante è stato usato negli ultimi due anni su un'area ristretta della Riserva a scopo sperimentale ed ha conseguito ottimi risultati. Per eliminare la pianta si effettuano sfalci sistematici sotto il pelo dell'acqua durante il periodo vegetativo; il primo sfalcio viene eseguito sulle foglie appena emergenti indicativamente nel mese di maggio. Sfalci ripetuti vengono eseguiti non appena le piante fanno riemergere i loro apparati vegetativi, allo scopo di impedire la fotosintesi e la respirazione, provocare il consumo delle sostanze di riserva accumulate nei rizomi e di ottenere in tal modo la devitalizzazione degli stessi.
RISULTATI PREVISTI: riduzione dell'area di diffusione della pianta. L'area in cui è stato eliminato il fior di loto nel biennio 1997-1998 ha una superficie di circa mq.340.000. La vegetazione spontanea tipica sta già iniziando a colonizzare queste zone. Nel corso del 1999 saranno completati i lavori. Questo grosso intervento attuato con fondi della comunità europea ha defmitivamente risolto il problema della presenza del fior di loto; al termine del progetto resteranno soltanto alcune aree con vegetazione a Nelumbo nucifera, di piccola dimensione e circoscritte, che verranno conservate a scopo paesaggistico e per mantenere la memoria storica della introduzione della pianta.

3. Taglio nei canneti
Le operazioni vengono condotte in aree demaniali, zone per la maggior parte coperte da acqua e da vegetazione galleggiante, con piccoli appezzamenti a canneto emerso.
In queste aree è stata effettuata la parziale rimozione della canna (1/2 in rotazione ogni anno) e il seguente trasporto su barche avvalendosi di manodopera locale.
Un modesto quantitativo di canna è stata combusta sul posto, in piccoli mucchi, allo scopo di non danneggiare il suolo e disturbare la fauna. Lo sfalcio è stato eseguito da Ditte locali, nel periodo tardo invernale (gennaio-febbraio), su una superficie complessiva di 8 ha.
Nel 1998 l'intervento è stato condotto con attrezzature tradizionali, mentre nel 1999 è stato parzialmente meccanizzato. Ciò ha consentito di sperimentare la meccanizzazione dei lavori, consentendo di risparmiare sui costi e di estendere la tecnica anche alla gestione effettuata dai privati.



 

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